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Se l’uomo non avesse scoperto l’elettricità, probabilmente il trattamento del suono
non sarebbe andato oltre quello che era nel teatro greco, con rudimentali megafoni
conglobati nelle maschere, o quello dei cornetti acustici per i deboli d’udito. In
effetti ogni intervento sulla propagazione di un suono, può avere risultati molto
limitati e in linea di massima inefficaci per i nostri scopi. Non è ad esempio possibile
aumentare direttamente l’ampiezza delle onde di compressione e rarefazione, con cui
si propaga un suono allo scopo di aumentarne l’intensità. In questo caso la soluzione
è produrre un nuovo suono che abbia caratteristiche per quanto possibile uguali a
quello originale, ma con una maggiore intensità (amplificazione sonora).
Non possiamo
intrappolare un suono per poterlo riascoltare dopo un certo tempo. Possiamo però
immagazzinare più informazioni possibile su quel suono allo scopo di creare dopo
un certo tempo, un suono il più possibile uguale (registrazione sonora).
Non possiamo
trasportare un suono in un luogo fisicamente distante, ma possiamo trasmettere informazioni
su quel suono in modo da produrne uno il più possibile somigliante (trasmissione
sonora).
Da quanto detto possiamo trarre due fondamentali considerazioni:
Occorre quindi associare ad ogni suono delle informazioni che ci permettano poi di ricostruirlo.
Tenendo conto che il suono può essere rappresentato con un’onda, questo, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, si può fare in due modi:
1)Associando all’onda che definisce il suono, la variazione di una determinata grandezza fisica in maniera corrispondente ed analoga a quella dell’onda (modalità analogica).
2)Associando all’onda che definisce il suono, una successione di numeri che definiscono
nel tempo l’andamento di questa onda (modalità digitale)
Possiamo associare ai suoni
che si generano e si propagano, una corrente elettrica alternata, che abbia nel tempo
lo stesso andamento di quello che ha il suono. Questa corrente alternata prende il
nome di “segnale audio analogico”.
È abbastanza facile ottenere un segnale audio analogico da un suono, e, viceversa, ottenere un suono da un segnale audio analogico. Dispositivi elettromeccanici quali microfoni e altoparlanti effettuano questa trasduzione.
Il segnale audio analogico può essere modificato con apposite apparecchiature, può
essere amplificato, può essere immagazzinato tramite registrazioni magnetiche o incisioni
meccaniche, può essere trasportato a distanza tramite apposite linee elettriche,
può essere impiegato per modulare un’onda ad alta frequenza, creando una trasmissione
radio.
Il trattamento digitale del suono si è affermato negli ultimi 30 anni. Tale
tecnica si basa sul principio del campionamento (sampling).
Ad intervalli costanti di tempo, si rileva l’ampiezza dell’oscillazione rispetto al livello minimo consentito dal sistema. La successione di tali valori rilevati, espressi in numeri binari, riesce a descrivere in maniera abbastanza efficace il suono. Tale successione rappresenta il segnale audio digitale, ossia le informazioni che ci permetteranno di ricostruire il suono.
Il segnale audio digitale campionato potrebbe avere una sequenza binaria del tipo:1000 1010 1011 1011 1010 1000 0110 0101 0101 1000 1001 1001 0111 0110 0111.
Questa successione di numeri può solamente approssimare l’andamento del suono, e
mai descriverlo esattamente, e questo per due motivi:
1- L’ampiezza dell’oscillazione
è rilevata solo in determinati intervalli di tempo. Nulla ci è dato sapere sull’andamento
dell’oscillazione fra una rilevazione e l’altra.
2- L’ampiezza dell’oscillazione
può essere espressa numericamente solamente per determinati valori, (tecnicamente
per valori discreti), dipendenti dal numero delle cifre che compongono il numero
binario che esprime tale valore.
Nel caso utilizzassimo numeri binari composti da
4 cifre, sarà possibile esprimere solamente 16 valori distinti. Qualora una rilevazione
non corrisponda esattamente ad uno di questi valori, viene approssimata al valore
più vicino.
Esistono delle tecniche per migliorare le rilevazioni. Per quanto riguarda
il primo punto, possiamo rilevare l’ampiezza più frequentemente. La frequenza con
la quale si effettua questa operazione prende il nome di frequenza di campionamento
(sample rate), e si misura naturalmente in Hertz. Ad esempio dire che un suono è
campionato con una frequenza di campionamento di 44,1 Khz, vuol dire che in un secondo
andremo a misurare la sua ampiezza 44.100 volte. È evidente che maggiore sarà la
frequenza di campionamento di un suono e più fedele sarà la sua immagine digitale.
In particolare la frequenza di campionamento influenza direttamente la massima frequenza
del suono che può essere campionata: questa non può essere maggiore della metà della
frequenza di campionamento. Nel caso di campionamento a 44,1 Khz quindi la massima
frequenza teoricamente campionabile è di 22.050 Hz. È inoltre evidente che maggiore
è la frequenza del suono da campionare, minore sarà il numero di rilevazioni per
ogni singolo ciclo. Per questo il segnale audio digitale, e di conseguenza il suono
riprodotto, sarà molto più fedele alle basse frequenze rispetto che alle alte.
Per
quanto riguarda il secondo punto possiamo aumentare il numero delle cifre binarie
che esprimono digitalmente l’ampiezza dell’oscillazione. Definiamo numero di bit
(acronimo di binary digit = cifra binaria) il numero di cifre che possono definire
ogni singola rilevazione.
Il numero di bit influenza direttamente la risoluzione in ampiezza, quindi in definitiva
la dinamica del suono, ossia la differenza fra il più forte e il più debole suono
che può essere riprodotto.
Si è visto quindi che per migliorare l’approssimazione
del campionamento digitale e quindi la qualità del suono riprodotto, occorre aumentare
la frequenza di campionamento e il numero di bit. Come conseguenza la quantità di
informazioni digitali, quindi di segnale audio digitale, aumenta considerevolmente.
Questo è il principale inconveniente dell’audio digitale. Le linee che trasportano
tale segnale devono avere una elevata capacità di trasferimento (bitrate) ed i supporti
per la registrazione dell’audio digitale (CD, DAT, minidisc ecc.) devono essere molto
capienti. Per fare un esempio, il segnale digitale utilizzato nei compact disc, campionato
a 16 bit, 44,1 Khz stereo è composto di circa 10,5 Mb ogni minuto.
Per limitare tale enorme massa di dati digitali sono stati concepiti alcuni formati
di compressione digitale vale a dire dei metodi per ottenere files di dimensioni
minori ma prestazioni acustiche comunque accettabili. Fra i tanti hanno una particolare
importanza per noi l’ATRAC (codificazione acustica a trasformazione adattiva) a 44,1
KHz 16 bit mono o stereo, impiegato nei minidisc, e l’mp3 (Mpeg 2 layer 3) utilizzato
in particolare per la trasmissione sulla rete internet.
Si tratta in entrambe i casi di compressioni cosiddette a perdita di informazione (lossy). In pratica vengono eliminate tutte quelle informazioni che l’orecchio umano non riesce a percepire. In questo modo si ottiene un suono di qualità paragonabile a quella del CD, ma con files di dimensioni molto minori.
Può essere utile ricorrere a tali tecniche sul prodotto finale, ossia sul file che
deve unicamente essere riprodotto. Più discutibile è l’uso per registrare materiale
che deve essere rielaborato in seguito. Quelle informazioni scartate poiché non percepibili
dall’orecchio umano, potrebbero invece essere fondamentali per processi tipo armonizzazioni,
time stretching, variazioni dinamiche.
Malgrado il segnale audio digitale sia solo
un’approssimazione del suono da trattare, presenta comunque notevolissimi vantaggi
rispetto all’analogico. Innanzitutto essendo composto da una successione di numeri
binari, può essere direttamente trattato all’interno degli elaboratori elettronici,
per cui interventi tecnici, artistici e creativi sul materiale audio che in passato
erano possibili solo copiando, tagliando e incollando fisicamente dei nastri magnetici,
sono ora enormemente più facili. Ma forse la caratteristica più importante del segnale
audio digitale è che non si degrada, ossia non perde le proprie caratteristiche nei
vari passaggi.
Allo stato attuale delle conoscenze la tecnologia digitale trova applicazione
nel processamento, nell’immagazzinamento e nella trasmissione del suono, anche via
radio (telefoni cellulari GSM). Muovono i primi passi i primi microfoni digitali,
mentre ancora non si hanno risultati nelle apparecchiature di potenza.
SmallStudio è uno studio che lavora prevalentemente in digitale con macchinari di ultima generazione ed altamente performanti. Nonostante questo, su richiesta, può lavorare nel completo dominio analogico.
TRATTAMENTO DIGITALE DEL SUONO